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I media e la Corea del Nord

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“Trump dice che i suoi ‘fuoco e furia’ possono essere ‘non abbastanza’ per la Corea del Nord”

di Jon Schwarz – 27 agosto 2017

La fase attuale dello stallo ultradecennale tra Stati Uniti e Corea del Nord è iniziata lo scorso 4 luglio, quando la Corea del Nord ha lanciato il suo primo vero missile balistico intercontinentale. In una dichiarazione il dittatore nordcoreano Kim Jong-un lo ha definito “un regalo ai bastardi statunitensi”.

Poi, l’8 agosto, il presidente Trump ha spaventosamente dichiarato che “è meglio che la Corea del Nord non pronunci altre minacce contro gli Stati Uniti. Saranno accolte con un fuoco e una furia mai visti al mondo”. Due giorni dopo ha detto, “forse quella dichiarazione non è stata abbastanza dura” e ha scritto su Twitter che “le soluzioni militari sono ora pienamente sul tavolo, pronte a partire”.

Contemporaneamente la Corea del Nord ha spiegato che stava esaminando le sue opzioni per “scatenare un fuoco avvolgente nelle aree attorno a Guam”, un territorio statunitense. Kim ha successivamente ritirato questa peculiare provocazione, almeno per il momento.

Ma ecco che cosa non sapete a meno che non siate osservatori ossessivi della Corea del Nord.

Pure con inizio il 4 luglio la Corea del Nord ha ripetuto in continuazione che poteva mettere le sue armi e i suoi missili nucleari sul tavolo dei negoziati se gli Stati Uniti avessero smesso il loro atteggiamento minaccioso.

Questo fatto è stato del tutto oscurato dei media statunitensi e di altri paesi occidentali. Per la maggior parte i giornali e la televisione hanno semplicemente ignorato la posizione della Corea del Nord. Quando non l’hanno ignorata l’hanno solitamente presentata in modo scorretto come il suo opposto, cioè affermando che la Corea del Nord sta dicendo che non rinuncerà mai alle sue armi nucleari in nessuna circostanza. E nelle rare occasioni in cui le dichiarazioni della Corea del Nord sono citate accuratamente, non ricevono mai l’evidenza che meritano.

I proclami della Corea del Nord sono stati attentamente seguiti da Robert Carlin, attualmente studioso ospite al Centro per la Sicurezza e la Cooperazione Internazionale dell’Università di Stanford ed ex capo della Divisione Asia Nord-orientale del settore spionaggio del Dipartimento di Stato. Carlin è stato trenta volte in Corea del Nord.

Via posta elettronica Carlin ha descritto quanto è difficile, ma cruciale, decodificare accuratamente le comunicazioni nordcoreane. “Gli osservatori scartano come privo d’importanza quello che dicono i nordcoreani”, scrive Carlin, e “perciò non lo leggono attentamente, salvo naturalmente quando è un linguaggio colorito, feroce adatto a titoli attraenti. Parte di ciò che dice il Nord è semplicemente propaganda e può essere letto chiudendo un occhio. Altre cose sono scritte e riviste molto attentamente e devono essere lette con grande attenzione. E poi, una volta lette, vanno confrontate con dichiarazioni del passato e poste in contesto.”

Tenendo presente questo, ecco la dichiarazione di Kim Jong-un del 4 luglio:

La DPRK non metterà mai le sue bombe atomiche e i suoi missili balistici sul tavolo dei negoziati in nessun caso né arretrerà nemmeno di un centimetro dal percorso di rafforzamento della forza nucleare che ha scelto a meno che la politica ostile e la minaccia nucleare degli Stati Uniti contro la DPRK non siano decisamente abbandonate”. [grassetto aggiunto].

Quella formulazione è comparsa di nuovo in una dichiarazione governativa del 7 agosto dopo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva approvato sanzioni contro la Corea del Nord. Lo stesso giorno anche il ministro degli esteri nordcoreano Ri Yong Ho l’ha detto nel corso di un discorso al forum regionale dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico nelle Filippine.

E il 22 agosto alla Conferenza dell’ONU sul Disarmo in Svizzera il diplomatico nordcoreano Ju Yong Chol ha sostenuto esattamente lo stesso punto, affermando: “Fintanto che la politica ostile e la minaccia nucleare degli Stati Uniti resteranno incontrastate, la DPRK non porrà mai sul tavolo dei negoziati la sua deterrenza nucleare di autodifesa”.

In passato la Corea del Nord ha promesso di rinunciare al suo programma di armamento nucleare. Nel corso dei cosiddetti Colloqui a Sei del 2005, tutte le nazioni coinvolte, Corea del Nord compresa, avevano affermato che la Corea del Nord era “impegnata ad abbandonare tutti i programmi nucleari e di armi nucleari esistenti”. Contemporaneamente gli Stati Uniti e la Corea del Nord avevano concordato di “rispettare la reciproca sovranità, di coesistere pacificamente e di compiere passi per normalizzare le loro relazioni”.

Poi la situazione si è inasprita. Carlin scrive che più recentemente “la formula di routine nei servizi mediatici di livello inferiore è stata che il deterrente nucleare non era ‘una mera fiche negoziale da mettere sul tavolo per negoziati con gli Stati Uniti’”.

Dunque tutto questo pare molto chiaro e semplice. La Corea del Nord sta di nuovo dicendo al mondo che è disposta a prendere in considerazione la rinuncia al suo programma di armamento nucleare. Naturalmente il regime di Kim può non dire la verità, specialmente considerando che ha violato accordi precedenti. Ma anche gli Stati Uniti hanno violato sfacciatamente quegli accordi. L’unico modo per scoprire se c’è una via al disarmo della Corea del Nord consiste nell’entrare onestamente in contatto con essa al riguardo.

Ci sono enormi ostacoli a che ciò accada e uno dei maggiori è la semplice mancanza di informazione dei media occidentali al proprio pubblico sui fondamentali di ciò che sta succedendo.

Dal 4 luglio il New York Times e il Washington Post hanno pubblicato centinaia di articoli sulla Corea del Nord. Entrambi i giornali hanno informato i propri lettori che Kim ha definito “bastardi” gli statunitensi. Ma entrambi hanno pubblicato solo un articolo che citava l’avvertimento chiave di Kim, che la Corea del Nord prenderà in considerazione la rinuncia alle sue atomiche se “la politica ostile e la minaccia nucleare statunitense alla Corea del Nord saranno decisamente terminate”. E in entrambi i casi il Post e il Times hanno semplicemente riprodotto un articolo dell’AP – nel quale le parole di Kim compaiono al ventitreesimo paragrafo – anziché pubblicare articoli propri.

In gran parte vale lo stesso per il discorso di Ri Yong Ho a Manila. Il principale articolo del Post che se ne occupa è intitolato “La Corea del Nord afferma che non rinuncerà alle sue armi nucleari e che il territorio degli Stati Uniti è a distanza di fuoco”. Il testo dice ai lettori la stessa cosa:

Il ministro degli esteri nordcoreano Ri Yong Ho ha dichiarato ai diplomatici che il suo paese non negozierà mai la rinuncia a quella che ha definito un’”opzione strategica” razionale contro la minaccia di attacco da parte degli Stati Uniti.

“In nessuna circostanza metteremo le atomiche e i missili balistici” sul tavolo del negoziato, ha detto Ri in osservazioni preparate, aggiungendo che gli interi Stati Uniti sono entro la gittata dei suoi missili.

Il Times ha citato Ri con maggiore completezza ma, secondo Carlin, si è basato su una traduzione scorretta in inglese del governo nordcoreano delle parole di Ri. Tale traduzione faceva sembrare che Ri stesse dicendo che la Corea del Nord era solo disposta a prendere in considerazione la sospensione di un ulteriore sviluppo del suo programma nucleare, non la sua totale rinuncia.

Il Post ha a malapena citato le parole di Ju Yong Chol in Svizzera, pubblicando semplicemente un articolo dell’AP che lo citava per aver detto che gli Stati Uniti stanno tentando di “gettare sulla DPRK la colpa della tesa situazione nella Penisola Coreana”.

Per parte sua il Times ha in effetti pubblicato un breve articolo della Reuters che citava la parte più significativa della dichiarazione di Ju. Tuttavia il suo impatto è stato probabilmente ridotto dal suo falso titolo: “La Corea del Nord non rinuncerà mai alle armi nucleari, dice inviato”.

La copertura in altre pubblicazioni ha teso a essere, semmai, più scadente con i servizi televisivi i peggiori tra tutti. Il BBC World Service ha solennemente spiegato il 15 agosto che “la Corea del Nord afferma che il suo programma nucleare non potrà mai essere sul tavolo dei negoziati e che è in questo che consiste lo stallo”. Altri canali hanno in generale mantenuto un discreto silenzio sulla posizione della Corea del Nord.

Prese nel complesso, le prestazioni dei media sulla Corea del Nord sin qui sono uno sviluppo estremamente di cattivo augurio. Sappiamo a causa della guerra dell’Iraq che i giornali e la televisione possono offrire un supporto chiave per il lancio di catastrofiche guerre statunitensi. Così come stanno adesso le cose, non è per nulla impossibile che lo facciano di nuovo.

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/media-and-north-korea/

Originale: The Intercept      

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

 


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